Il Prof. Lino vaccari (Crespano del Grappa 1873 – Roma 1951) fin da giovane era attratto dalle Scienze Naturali, in particolare dalla Botanica, ed aveva la possibilità di fare frequenti escursioni sul Monte Grappa. Laureatosi nel 1896 in Scienze Naturali all’Università di Padova, dopo un breve periodo trascorso a S. Pietro al Natisone, ha insegnato al Liceo di Aosta dal 1896 al 1902, abbandonando definitivamente il Veneto. Insegnò quindi a Tivoli, Firenze e Roma ove prese la Libera Docenza in Botanica all’Università di Roma e venne nominato Ispettore Centrale per le Scuole Medie. È dunque stato un uomo di scuola, tuttavia nello stesso tempo è riuscito a svolgere una notevolissima attività di ricerca scientifica nel campo della flora alpina e di protezionista. Infatti, appena arrivato in Val d’Aosta, conobbe l’Abate Pierre Chanoux, con il quale non soltanto divenne amico, ma collaboratore e molto di più. La sua attività nel campo della Botanica si traduce in molti contributi sulla flora di molte località alpine dal Monte Grappa alla Val d’Aosta e fino al Parco Nazionale d’Abruzzo, tra cui il Catalogue raisonné des plantes vasculaires de la Vallée d’Aoste (1904-1911), di cui però ha pubblicato soltanto il primo volume. Ad Aosta aveva collaborato con molto impegno anche con la Société de la Flore Valdôtaine. Durante il periodo valdostano, si è incontrato varie volte al Castello di Sarre con la principessa Maria Josè di Savoia, che accompagnò in una celebre escursione al Monte Cervino (Agostino,1998).
Si può dire che Lino Vaccari si sia dedicato alla Chanousia fin dall’inizio; infatti nel giorno dell’inaugurazione, nel 1897, pubblicò con Pavarino il catalogo delle piante della Chanousia, che offerse con una bellissima lettera all’Abate Chanoux. Negli anni successivi si può dire che Vaccari ha trascorso tutte le sue estati al Piccolo San Bernardo. Ciò è stato molto favorevole per la Chanousia nei primi anni di esistenza, perché le difficoltà erano molte, soprattutto dal punto di vista finanziario. Dopo la morte di Chanoux, venne nominato Lino Vaccari quale responsabile del giardino; egli si impegnò in due modi: potenziando e migliorando il giardino e facendolo conoscere in Italia e nel mondo. Sono moltissimi gli articoli, i contributi, gli opuscoli che ha dedicato alla Chanousia e all’Abate Chanoux, che distribuiva negli ambienti botanici e culturali. Fra le molte cose che si potrebbero scrivere, ricorderò l’aiuto avuto da Marco De Marchi di Milano, che gli permise di costruire un laboratorio per la ricerca scientifica al Piccolo San Bernardo; i risultati delle ricerche sono raccolti nell’Annuario del Laboratorio della Chanousia, di cui hanno visto la luce 4 volumi. Lino Vaccari, benché proveniente dal Veneto, era riuscito a integrarsi molto bene in Val d’Aosta, come lo testimoniano le parole dello scrittore Jules Brocherel sulla sua nota rivista Augusta Praetoria. Il Prof. Rivera ha scritto che è stato possibile raggiungere i risultati della Chanousia perché Lino Vaccari operò per anni ed anni con spirito di sacrificio, slancio e costanza veramente mirabili, forzando l’attività sua, tutto il suo impegno e le sue capacità per questa magnifica creazione (Rivera, 1951).
Poi sopraggiunse il disastro della seconda guerra mondiale con i due attacchi del 1940 e del 1943 alla Chanousia ad opera degli eserciti che si fronteggiavano sul valico. Vaccari era riuscito a salire al Piccolo San Bernardo per controllare cosa era successo. Ecco cosa ha scritto all’amico Paolo Rovesti, che ne ha poi riferito sulla Rivista italiana di essenze del 15 giugno 1951: Del fabbricato e Laboratorio botanico non rimangono più che i muri esterni ed il tetto; non esistono più né arredi, né masserizie; tutto è stato distrutto od asportato. Dal giardino, che sofferse molto per la mancanza di cure, quasi tutte le pianticelle sono scomparse. La Chanousia insomma ha subito, da parte dei nostri, una devastazione totale. Le collezioni botaniche, di fotografie, di antichità, di usi e costumi, gli apparecchi … tutto ciò che poteva rappresentare un valore materiale e scientifico fu asportato o rotto con una raffinatezza sadica. I libri, insieme con le pagine di erbario, spezzati e dispersi nel giardino e calpestati con scarpe ferrate sporche di fango e di neve. Il danno è grandissimo. Devo ricominciare ex novo tutto ... Quando ha scritto queste parole, aveva 67 anni, ma nutriva ancora la speranza di potere riprendere. Lino Vaccari è morto a Roma nel 1951, con la tristezza di pensare alla Chanousia distrutta durante l’ultima guerra mondiale. Invece non molti anni dopo la Chanousia sarebbe nuovamente risorta, come è stato scritto nella scheda dedicata a Pierre Chanoux, ma ormai Vaccari non c’era più.
L’attività per la protezione della natura di Lino Vaccari non si esaurisce con quanto ha fatto per la flora e per la Chanousia. Infatti nel 1912 Vaccari venne invitato dalla Società Zoologica Italiana a tenere a Roma una conferenza sulla protezione della fauna italiana; ciò succedeva appena un anno dopo l’intervento parallelo di Renato Pampanini per la protezione della flora italiana. I due grandi pionieri hanno dunque lavorato in parallelo, con gli stessi intenti su due temi complementari uno all’altro.
Egli inizia il suo appello citando queste parole di Paul Sarasin: La protezione della natura vivente, minacciata nella sua stessa esistenza, costituisce per il naturalista un nuovo imprescindibile dovere. Segue una lunga trattazione, molto documentata, di cui riferirò qui le parti essenziali, tenendo presente che in Italia nel 1911 non c’era ancora una legge generale sulla caccia e le varie regioni si regolavano su regolamenti precedenti, diversi da regione a regione, alcuni risalenti addirittura agli anni prima dell’unità d’Italia. Ragion per cui molte situazioni evocate da Vaccari sono state superate negli anni seguenti, pur tenendo presente che il Testo Unico della legge sulla caccia è stato approvato soltanto nel 1939.
Vaccari parla, innanzi tutto, della distruzione della fauna, da imputare alle seguenti cause: a) caccia, esercitata per vari motivi (per sport, per avere vantaggi materiali, per soddisfare alle esigenze della moda, per avere carni, pelli, avorio; b) azione degli animali carnivori; c) vicende meteoriche o malattie; d) cause indirette dovute a cambiamenti ambientali: disboscamento, culture intensive, industrie, linee ferroviarie, elettrodotti. Viene quindi esaminata la protezione della fauna all’estero, con molti esempi, e finalmente la protezione della fauna in Italia e i mezzi di protezione: promulgazione di una legge unica sulla caccia valida in tutta Italia, istituzione di riserve di caccia e di parchi nazionali. A conclusione della sua conferenza, Vaccari ha proposto un ordine del giorno che così recita:
«La Società Zoologica Italiana convinta: 1 – che la protezione della fauna italiana è una questione che si impone d’urgenza, tanto dal punto di vista cinegetico, come da quello scientifico ed estetico; 2 – che se fra le cause che influiscono sulla distruzione degli animali alcune sono del tutto estranee alla volontà dell’uomo, altre invece, mediante opportuni provvedimenti (repressione del bracconaggio e di mezzi di troppo facile aucupio, migliore educazione, rimboschimenti) possono venire mitigate, se non soppresse; 3 – che se le più severe disposizioni di legge in generale non sono sufficienti a salvare la selvaggina, tanto meno lo sono quelle latissime, molto incerte, e spesso contradditore che vigono nel nostro paese; 4 – che la protezione è efficace solo entro a riserve cinegetiche e completa solo nei parchi nazionali; 5 – che tutti i paesi civili hanno provveduto o stanno provvedendo alla difesa delle bellezze naturali in genere e della fauna in specie, ed hanno riconosciuto indispensabile sottoporsi alle spese inevitabili;
fa voti affinché: 1 – venga al più presto approvata una legge unica sulla caccia, organica, completa, tale cioè da poter frenare gli abusi, rendere efficace la sorveglianza, e soprattutto tale da permettere l’istituzione di riserve cinegetiche e di parchi nazionali; 2 – si incoraggi e si disciplini la formazione di circoli cinegetici (comunali, circondariali o provinciali) e di società cooperative per la pesca, efficacissimi strumenti per la conservazione delle specie animali; 3 – si studi il modo e si trovino i mezzi per sviluppare nelle giovani generazioni il rispetto a tutti gli animali ed in modo speciale ai nidi ed agli uccelletti, incoraggiando le piccole società scolastiche “pro avibus” e distribuendo premi fra i propagandisti più attivi della protezione degli animali; 4 – si dia opera alacre alla ricostituzione o conservazione dei boschi, reclamate già da tante ragioni di indole economica, come quelli che sono assolutamente necessari per la conservazione della fauna silvicola.»
Gli ultimi due punti (5 e 6) si riferiscono al Parco Nazionale di Livigno, che è stato istituito nel 1977 con un decreto del Ministro Giovanni Marcora, che ne prevede l’inclusione nel Parco Nazionale dello Stelvio. La sua istituzione ha acquistato un significato più completo perché ha avuto luogo dopo l’istituzione del Parco Svizzero dell’Engadina (1914) e del Parco Nazionale dello Stelvio (1935); per ulteriori dettagli su tale complicata vicenda si rimanda ai due volumi di Pedrotti F. (1969 e 2005) sul Parco dello Stelvio.
L’altro importante settore a cui si è dedicato Lino Vaccari è stato quello dei parchi nazionali, con vari articoli su quelli del Gran Paradiso e d’Abruzzo. Per Vaccari (1921) il parco nazionale è una immensa regione dove sia possibile la conservazione integrale degli elementi naturali. Vaccari continua dicendo che contro tutto ciò che vive, tutto ciò che ha valore scientifico, storico ed estetico la tecnica e la scienza stessa si associano ai bisogni e agli istinti degli uomini e alle avversità naturali. Per una triste ironia delle cose, la stessa marcia della civiltà porta con sé inesorabilmente la distruzione del patrimonio della natura. È possibile – si domanda Vaccari – porre un freno in nome della scienza e dell’estetica allo sviluppo della civiltà? No certo. Ma tutti i naturalisti, tutti gli amici del bello, tutti coloro che hanno culto dei documenti del passato ed hanno coscienza dei doveri che la civiltà impone, credono necessario ed urgente che qualche lembo di terra italiana sia conservato inalterato come ci pervenne dai secoli passati.
Molti sono stati gli interventi di Vaccari per i parchi nazionali; l’ultimo di essi è quello del 1947, sul Parco Nazionale del Gran Paradiso (Vaccari, 1947), scritto su sollecitazione di Renzo Videsott che aveva bisogno di un forte sostegno per quel parco. Dopo un periodo di scambi epistolari, finalmente Renzo Videsott riesce a parlare al telefono con Vaccari e al rientro a Torino gli scrive una lettera in data 4 febbraio 1949 in cui, fra l’altro, dice: Pochi minuti prima della partenza del treno da Roma, ho potuto scoprire la sua residenza e telefonarle. Così ho sentito la voce dell’uomo che tanto ammiro per la sua fiamma ideale e per la sua azione combattiva, costruttiva, appassionata, altruista, satura d’amore verso le forze eterne della vita cosmica (Pedrotti F., 2007); nella lettera chiede poi consigli sempre per il Gran Paradiso. In un’altra lettera scrive che Lui, il Vaccari, è l’anima, l’azione costruttiva e combattiva e creatrice, l’uomo indomito, pronto ad attaccare a buttarsi, anche ora con la sua scrittura tremolante che serpeggia sul foglio (testo tratto dal diario di Renzo Videsott, riportato in Piccioni, 2010). In un’altra lettera (12 aprile 1949) chiede consigli sull’organizzazione delle attività per la protezione della natura svolte dal Movimento; il 25 maggio 1949 gli chiede un articolo per la protezione degli uccelli da usare per la Regione Trentino-Alto Adige (che stava discutendo il problema) e in sostegno del progetto per il Parco Nazionale Brenta-Adamello, da pubblicare su un giornale di Trento. Finalmente si incontra con Lino Vaccari nella sua villa sulla via Cassia. Videsott scrive: Sono le ore 7,45 e con tempo burrascoso sono giunto in via Cassia davanti al numero 486: villa del Prof. Vaccari. Povero buon vecchio! Lo so che non può giovare, ma è tale la gioia che vedo nei suoi occhi, per questa mia visita, nonostante la pioggia e l’ora, che mi dà abbastanza soddisfazione, per compensare l’alzataccia alle ore 6 (testo tratto dal diario di Renzo Videsott, riportato in Piccioni, 2010). Videsott rimane colpito – fra l’altro – dai suoi occhi, nei quali si rifugia la superstite vitalità. La sua tremenda vitalità di un tempo.
Renzo Videsott aveva due importantissimi riferimenti fra i protezionisti della precedente generazione: Renato Pampanini e Lino Vaccari, questo lottatore nel campo della pro natura. Quando Videsott ha fondato il Movimento Italiano Protezione Natura, ha voluto che fosse come la continuazione del movimento che c’era stato in precedenza.
La figura di Lino Vaccari e la sua partecipazione al movimento per la protezione della natura è bene presentata e valutata nel contesto generale nel libro di Piccioni “Il volto amato della patria”. Però sono convinto che ci sarebbe ancora molto da scrivere su di lui; mi auguro che ci sia qualcuno che voglia affrontare una ricerca più particolareggiata di quello che io ho qui presentato sulla sua passione per la natura.
A Saint-Christophe di Aosta una strada porta il nome di Via Lino Vaccari.
Franco Pedrotti