Il Prof. Oscar de Beaux (Firenze 1879 – Torre Pellice 1955) era uno zoologo specializzato soprattutto nello studio dei Mammiferi; era libero docente in Zoologia e – dopo un periodo trascorso al famoso Giardino zoologico Hagenbeck di Amburgo dal 1911 al 1913, è stato dapprima conservatore (dal 1913 al 1934) del Museo civico di Storia Naturale “Giacomo Doria” di Genova e quindi direttore dello stesso (dal 1934 a 1947). Dopo il collocamento a riposo si è ritirato a Torre Pellice, dove ha continuato a seguire i suoi vari interessi naturalistici e pubblicando varie note di carattere ornitologico, le chiamava Notulae otiosae.
Avviato alla Zoologia già a Firenze dal Prof. Enrico Hillyer Giglioli, le sue ricerche sui Mammiferi riguardano innanzi tutto i Mammiferi dell’Africa orientale, compreso gli stambecchi dell’Eritrea. Altre ricerche si riferiscono agli stambecchi dei Pirenei, ai Cervidi, al cinghiale maremmano e ai Micromammiferi del Trentino. Oscar de Beaux sapeva disegnare molto bene e molti dei suoi articoli sono illustrati da disegni al tratto delle varie specie, fra cui il camoscio d’Abruzzo (Rupicapra ornata), il capriolo maremmano (Capreolus capreolus italicus), lo stambecco delle Alpi (Capra ibex) e molte altre specie. Però il disegno diventato più famoso è quello dell’orso bruno delle Alpi (Ursus arctos), pubblicato la prima volta su Il Cacciatore del Trentino del 1929 e quindi riproposto in molte altre occasioni. A proposito di disegni di animali, si deve ricordare che de Beaux ha realizzato anche bellissime illustrazioni a colori di uccelli protetti, fra cui i picchi e le cince, di cui si parlerà oltre.
Però l’interesse di de Beaux per gli animali andava ben oltre l’aspetto solamente scientifico, come risulta da alcuni suoi scritti, fra cui quello sulla donnola, che ha ammirato con grande stupore in un boschetto, dove era inseguita da un grosso ramarro. Questo stupendo testo di de Beaux, fra l’altro brevissimo, è contenuto nella presentazione del libro di Guido Castelli sull’orso bruno e ne sottolinea il valore anche l’americano James Sievert in un articolo su Natura e Montagna avente per titolo: Chi è l’ambientalista? (Sievert, 1999).
Uccelli e Mammiferi costituivano il mondo scientifico di de Beaux e da essi nasce, secondo me, il suo primo interesse per i problemi protezionistici. C’è però una sua testimonianza diretta che merita di essere trascritta integralmente: Mi è particolarmente grato il ricordare che nella natìa Firenze, oltreché in parecchi luoghi della campagna toscana e dell’Appennino Pistoiese e Modenese, potei con diletto e soddisfazione riprendere le osservazioni iniziate all’estero. Il magnifico parco delle Cascine, il Viale dei Colli, il Poggio imperiale, il Giardino di Boboli sono luoghi assai adatti per modeste escursioni ornitologiche. Senza parlare delle rondini e rondoni, vi ho osservato con comodità i comunissimi merli, fringuelli, capinere, pettirossi (alcuni esemplari anche in luglio alle Cascine) ed inoltre usignoli, parecchie silvie, luì e canapini, ballerine e cutrettole, cinciallegre, picchiotti, scriccioli e regoli. Egli, dunque, era rimasto colpito non soltanto dagli animali ma anche dagli ambienti naturali nei quali vivono, senza trascurare il grandissimo valore estetico dei dintorni di Firenze.
L’attività per la protezione della natura di Oscar de Beaux è stata molto ampia ed è iniziata negli anni ’20 con il bisonte europeo (Bison bonasus). Subito dopo la fine della prima guerra mondiale il bisonte era scomparso dal suo ultimo rifugio, la grande foresta di Bialowieza in Polonia. L’annuncio della scomparsa del bisonte di Bialowieza, scritto nel 1923, è di una impressionante modernità e attualità per i concetti espressi: Oggi tutti coloro che sanno pensare “europamente”, che riescono ad elevarsi a concetti sereni, che divinano l’intima essenza di vera civiltà, la quale anziché demolitrice deve essere conservatrice del buono e del bello ed armonizzatrice dell’umano tecnicismo volubile ed invadente, con la produzione lenta ma ancor più meravigliosa della natura, oggi tutti gli amatori di bellezze naturali, gli zoologi, gli zoofili, i veri naturalisti e cacciatori, debbono deplorare la scomparsa della più grossa ed imponente selvaggina dell’Europa, del bisonte. Passa poi a spiegare le ragioni etiche del salvataggio del bisonte, che sono valide anche per tutte le altre specie animali che vivono sul pianeta: Io penso che l’uomo non sia al mondo per distruggere o per sfruttare la natura con progressivo inaridimento di questa e di sé stesso, ma per conservare e per valorizzare, non soltanto materialmente, ma anche moralmente, per amministrare saviamente ciò che egli stesso non può creare, contemperando le necessità della propria esistenza col rispetto di ciò che non è sua produzione e quindi non gli appartiene a priori, ed imponendosi anche delle restrizioni e dei sacrifici, per soddisfare a questo postulato di Etica Biologica.
Un gruppo di naturalisti e zoologi polacchi a capo dei quali si trovava Jan Sztolcman, Vice-Direttore del Museo di Storia Naturale di Varsavia, aveva dato l’avvio a un programma per il suo salvataggio. Venne così costituita la Società Internazionale per la Conservazione del bisonte d’Europa, con lo scopo di recuperare tutti gli esemplari di bisonte dei giardini zoologici e di riportarli a Bialowieza. Il tentativo, come è noto, è stato positivo ed ora il bisonte ha ripopolato non soltanto la grande foresta di Bialowieza, ma anche altre località in Lituania, Russia Bianca ed altri stati dell’Europa orientale. Oscar de Beaux è stato il rappresentante e consigliere scientifico della Sezione Italiana per molti anni, durante i quali ha reso noto al pubblico italiano l’attività che veniva svolta con molti articoli pubblicati su diverse riviste italiane tra cui la Rivista di Biologia.
Un’altra specie animale che ha molto colpito Oscar de Beaux è stato l’orso bruno. Negli anni ’20, subito dopo la fine della prima guerra mondiale, in Trentino esisteva un piccolo nucleo superstite di orsi bruni nei gruppi dell’Adamello-Presanella e delle Dolomiti di Brenta.
Nel periodo della dominazione austriaca la caccia all’orso era permessa, anzi veniva favorita con il pagamento delle taglie. Cessata la guerra, l’orso non rientrava fra le specie protette e veniva cacciato e abbattuto in vari modi, come si può vedere dai lunghi elenchi di orsi uccisi pubblicati da Castelli (1935). Così nel 1929 Oscar de Beaux ha avuto l’intuizione di scrivere un appello per l’orso, avente per titolo Conserviamo alle Alpi il loro orso, pubblicato su Il Cacciatore del Trentino di quell’anno. Pochi anni dopo, nel 1933, lo stesso testo venne pubblicato come fascicolo a parte a cura dell’Associazione Provinciale Cacciatori di Trento. I motivi addotti a sostegno del suo appello sono di ordine ecologico ed etico; l’appello si conclude con un’esortazione valida ancora oggi: L’orso non appartiene all’uomo e tanto meno ai cacciatori, esso appartiene alle Alpi, come decoro naturale ed integrativo della loro grandiosità, della loro aspra e robusta bellezza.
A Trento, Oscar de Beaux aveva un amico proprio nella persona di Guido Castelli, “indimenticabile compagno di fede e di lavoro”, come lo ha definito in un articolo sul Corriere Tridentino del 10 febbraio 1950 sul Parco Nazionale Brenta-Adamello; la “fede comune” era sicuramente quella per la protezione della natura e soprattutto della fauna.
De Beaux si è interessato anche a un gruppo di stambecchi della Nubia (Capra nubiana) che si era stanziato in Eritrea ed auspica che esso possa diffondersi “nelle località adatte sotto la valida protezione del governo“. Prendendo lo spunto dallo stambecco della Nubia, de Beaux approfitta ancora una volta per lanciare un appello per la protezione delle specie animali, tra cui – in particolare – alcune specie africane in via di rapida diminuzione come l’oritteropo, il dugongo, l’asino della Dancalia, il pettinatore e numerose altre. Ancora una volta egli parla a nome di quella morale naturalistica che riconosce il proprio ideale nel beneficio completo della specie umana ed il mezzo per raggiungere questo ideale nella conservazione la più completa possibile dell’ambiente, nel quale l’uomo civile è destinato a vivere, cioè il mondo intero, ivi comprese tutte le riserve viventi della natura, per conservare le quali nulla giova se non il risparmio e la protezione attiva, che impongono all’uomo, nel suo interesse, una certa moderazione del proprio arbitrio.
Molti altri sono gli interventi di de Beaux per la protezione della natura, oltre a quelli fin qui citati: promozione del Parco Nazionale Adamello Brenta, protezione degli uccelli, nidi artificiali, per la protezione della fauna del Monte di Portofino ed altri.
Fra tutta la sua produzione scientifica e protezionistica, Oscar de Beaux è l’autore di un’opera fondamentale in tema di protezione della natura non soltanto in Italia ma anche a livello mondiale: Etica biologica. Tentativo di risveglio di una coscienza naturalistica, un’opera rimasta unica nella storia del protezionismo italiano. Questo tema era già stato introdotto da de Beaux nell’appello degli anni 1929-1933 per l’orso del Trentino, ove spiega chiaramente cosa si deve intendere per Etica Biologica: Che il fenomeno “organismo vivente” rappresenti per l’uomo qualche cosa di più alto e ammirevole che qualsiasi prodotto dell’arte, o qualunque invenzione della tecnica umana, è dimostrato dal fatto che l’uomo può nella natura fare delle scoperte, analisi, applicazioni, modificazioni o distruzioni, ma non può creare nulla. A questa dimostrazione aggiungiamo la constatazione che la scienza umana d’oggi arriva bensì a spiegarsi lo speciale adattamento dei vari organismi all’ambiente in cui vivono, differenti fra loro. Con questo è chiaro che quando l’uomo sopprime in una data località una forma vivente per essa caratteristica, o distrugge addirittura una forma vivente, egli ha disposto in modo irrimediabile di cosa non sua, ha tolto ciò che non aveva dato e non può mai più restituire, ha trasgredito alla forma fondamentale di quello che chiamo “Etica biologica”.
L’opera ha visto la luce con una prima edizione a Trento nel 1930 presso la Editrice TEMI e con una seconda edizione a Genova nel 1933 presso l’editore G. B. Marsano. Nel 1932 venne pubblicata un’edizione in lingua tedesca a Berlino; nel 1932 venne pubblicata a Firenze, infine, l’edizione in lingua inglese sul giornale The italian Mail and Tribune. Infine nel 1997 ne è stata edita una ristampa a cura del sottoscritto.
Il tema dell’etica biologica è stato trattato da Oscar de Beaux (oltre alle edizioni dell’opera in italiano, tedesco e inglese) anche in altri contributi; si ricordano i 4 contributi del Corriere Venatorio di Trento (2 contributi), Settimana di caccia e pesca di Roma, e quello di un volume a cura di Francesco Chigi della Rovere, che contiene il capitolo Principi di etica biologica. Altri scritti con riferimenti a temi di etica biologica sono quelli sul bisonte d’Europa, sull’orso bruno delle Alpi, sugli uccelli, sullo stambecco dell’Eritrea.
Secondo de Beaux per etica biologica si deve dunque intendere lo studio e la definizione di una posizione morale dell’uomo di fronte agli esseri viventi, non appartenenti al genere umano, partendo dal presupposto morale che l’uomo non ha potuto creare le specie. Le piante e gli animali occupano una posizione più o meno passiva di fronte al loro ambiente di vita, mentre l’uomo occupa invece una posizione eminentemente attiva, diventando pertanto l’unico potente alteratore dell’equilibrio biologico. Secondo de Beaux, di fronte alle risorse viventi della natura, nulla giova se non il risparmio e la protezione attiva che impongono all’uomo nel suo interesse, una certa moderazione del proprio arbitrio, ossia pensiero ed azione morali di fronte agli esseri viventi non umani, cioè riconoscimento e pratica di un’etica biologica, intesa come cultura della vita in genere, oggetto ampliato di ampliati comandamenti morali, che si possono condensare nel comandamento: curare che nessuna specie animale o vegetale scompaia dalla faccia della terra, rispettare cioè ogni estrinsecazione della vita, che racchiude in sé una soluzione propria dell’immenso problema dell’esistenza. Imparare a distinguere ed a conoscere le specie viventi. Studiare le correlazioni ambientali delle singole specie vegetali ed animali conviventi. L’opera si conclude con l’invocazione che l’uomo possa così diventare il saggio amministratore della vita sulla terra, anziché l’incosciente distruttore di risorse naturali che possono essergli utili e indispensabili.
In Italia l’opera Etica Biologica di de Beaux venne compresa e apprezzata soltanto da quel ristretto gruppo di protezionisti di quegli anni con i quali collaborava, tra cui Guido Castelli, Gian Giacomo Gallarati Scotti, Fausto Stefenelli, Renzo Videsott e pochi altri. Per il resto d’Europa sarebbero necessarie indagini approfondite, tenuto conto che ci sono state anche le due edizioni in tedesco ed inglese. Per ora posso dire che in un libro di carattere venatorio del Prof. Eugen Botezat che ha visto la luce in Romania, viene riportato in dettaglio il pensiero di Oscar de Beaux sull’etica biologica (è citata l’edizione tedesca), affinché non manchi nella nostra letteratura un’opera di così grande valore. L’Autore esamina anche il valore culturale del bosco e sottolinea l’importanza, anche per la fauna, dei boschi secolari, mai tagliati dall’uomo, presenti in varie parti dei Carpazi, oggi parzialmente posti sotto protezione; infine, propone un’etica venatoria che dovrebbe essere applicata alla caccia in Romania con vantaggio sia per la fauna che per la caccia (Botezat, 1942).
In Italia l’opera di de Beaux negli anni seguenti scomparve nell’oblio fino alla ristampa del 1997. Una rivalutazione molto importante è stata quella dello zoologo Spartaco Gippoliti pubblicata sull’Italian Journal of Zoology (Gippoliti, 2006). Nessun altro zoologo italiano, in precedenza, aveva scritto su de Beaux.
Proprio negli stessi anni nei quali de Beaux in Italia si dedicava al tema dell’Etica Biologica, un grande naturalista e protezionista americano, Aldo Leopold, si occupava dello stesso problema con numerose iniziative, articoli e libri; la sua vita è stata oggetto di molte biografie, l’ultima e la più completa delle quali è quella di Curt Meine (1988). Leopold nel 1935 ha pubblicato l’articolo “Land Pathology“, nel quale dice che per aggiustare il problematico rapporto fra società e uso della terra uno dei fattori più importanti è che emerga quella che lui chiama l’etica della terra. Aggiunge quindi, che dell’etica e delle basi filosofiche necessarie perché si affermi, è già stato discusso in alcune pubblicazioni di de Beaux (1932) e di lui stesso (Leopold, 1933). De Beaux parla di Etica Biologica, Leopold di Etica della Terra. Il 13 febbraio 1934 Aldo Leopold in una lettera a Oscar de Beaux gli esprimeva il suo apprezzamento per la sua opera Etica Biologica e il suo sostegno per le idee affermate. Oscar de Beaux ha risposto il 26 febbraio 1934 per ringraziarlo per la lettera e per il saggio The Conservation Ethic.
Lo storico americano dell’ambientalismo Marcus Hall ha elaborato un confronto fra l’Etica Biologica di de Beaux e l’Etica della Terra di Aldo Leopold, questi due biologi naturalisti che negli anni ’30 scrivevano dai due lati opposti dell’Atlantico (Hall, 2002):
«Nel 1930 l’italiano Oscar de Beaux – scrive Hall (2002) – conservatore del Museo di Storia Naturale di Genova, pubblicò il breve saggio “Etica Biologica”, che fu tradotto in inglese due anni dopo. Nel 1933, l’americano Aldo Leopold scrisse “The Conservation Ethic”, che fu poi ampliato e rielaborato e quindi ripubblicato come “The Land Ethic”, uno dei saggi attualmente più citati sull’ambientalismo americano. Si noti, per inciso, che de Benux e Leopold erano in contatto epistolare, e che, essendo l’opera di Beaux precedente a quella di Leopold, è possibile che la filosofia conservazionista dell’americano non si sia sviluppata solo tra le selvagge montagne del Nuovo Messico o lungo le sabbiose rive dei fiumi del Wisconsin, ma affondi le proprie radici anche negli Appennini, tra gli ulivi e Dante.
Ma più che considerare uno dei due studiosi come debitore intellettuale dell’altro, appare chiaro, leggendo le loro parole, che entrambi, l’uno indipendentemente dall’altro, sentivano il bisogno di affrontare le problematiche e i dilemmi connessi con una gestione biocentrica della natura. Ciascuno dei loro saggi è dunque una risposta diversa a come l’uomo debba procedere nella gestione della natura nel solo interesse di questa.
Nei rispettivi saggi, de Beaux mostra interesse per tutto ciò che è vivente, Leopold per tutto ciò che è selvaggio. De Beaux sostiene che il bisonte, l’orso e la lince che vivono in Europa meritano di essere salvati per il rispetto e la sacralità riconosciuti a ogni forma vivente: queste specie, egli scrisse, “vivono sulla terra di vita propria accanto all’uomo, alla pari coll’uomo”. Leopold ritiene invece che, seguendo i principi ecologici, creature selvatiche quali i cervi e i predatori potrebbero vivere anche in regioni abitate: “II selvaggio controllato, o ‘gestione’ della natura”, scrisse Leopold, “può essere esteso a qualsiasi forma vivente”.
De Beaux era, sostanzialmente, un difensore della vita dei predatori, mentre Leopold era un difensore del ruolo dei predatori».
Franco Pedrotti