La presentazione del Prof. Pietro Romualdo Pirotta è incentrata su quanto ha scritto Riccardo Lanni nella prefazione della Relazione dell’On. Erminio Sipari del 1926: La prima idea di costituire un parco nazionale in Abruzzo partì dalla geniale mente dell’illustre Comm. Romualdo Pirotta, il cui nome va qui prima di ogni altro ricordato (Lanni, 1926).
Il Prof. Pietro Romualdo Pirotta (Pavia 1853 – Roma 1936) si è laureato in Scienze Naturali all’Università di Pavia, ma ancora studente aveva ottenuto un posto di “allievo aspirante” presso il Laboratorio Crittogamico annesso all’Istituto Botanico e diretto dal Prof. Santo Garovaglio. Dopo la laurea, vinse una borsa di perfezionamento all’estero con la quale si è recato a Strasburgo dal Prof. De Bary, dove già si trovava un altro italiano per specializzarsi, Oreste Mattirolo. Egli poteva così perfezionarsi negli studi crittogamici già iniziati, ma anche venire a conoscenza dei nuovi indirizzi della botanica tedesca. Rientrato in Italia, vinse il concorso a cattedra e venne chiamato all’Università di Modena, da dove ben presto passò a quella di Roma. La chiamata a Roma ha impegnato il Pirotta per l’organizzazione di un nuovo istituto botanico e dell’orto botanico in via della Lungara, nei giardini di Villa Corsini. Nonostante questi gravi impegni, riuscì tuttavia ad organizzare anche la ricerca botanica che diede subito buoni frutti. Come riportano le numerose biografie che gli sono state dedicate, la sua ricerca si può riferire a tre periodi distinti. Il primo corrisponde al periodo di Pavia e del Laboratorio Crittogamico durante il quale si dedicò particolarmente a ricerche di Micologia e di Microbiologia, anche di carattere pratico come nel caso della Peronospora viticola. Il secondo periodo è quello immediatamente seguente alla conquista della cattedra con ricerche prevalentemente di Fisiologia e di Morfologia: fisiologia ed istologia dei tegumenti seminali e delle foglie delle Oleacee, citologia ed embriologia delle Dioscoreacee, morfologia e biologia della fecondazione, biologia dei rapporti simbiotici, morfologia della plantula e dell’individuo adulto. Il terzo periodo è caratterizzato da ricerche di biologia fiorale, distribuzione dei sessi, eredità dei caratteri, genetica sperimentale, cleistogamia, partenogenesi ed affini. Pirotta si è anche occupato della determinazione e classificazione dei campioni di piante raccolti da esploratori botanici italiani in diverse parti del Mondo (Somalia, Argentina, Ruwenzori, ecc.) e descrivendo anche specie nuove, come la ben nota Mimosa spegazzinii (Mazzotti, 2011).
La personalità del Pirotta è molto simile a quella del Mattirolo, perché ambedue erano titolari della cattedra di Botanica e si sono occupati di ricerche di laboratorio, che si riferiscono sia a Crittogame che a Fanerogame.
Il Prof. Pirotta partecipò l’8 gennaio 1888 a Firenze alla fondazione della Società Botanica Italiana; in seguito ne divenne Presidente nei trienni 1912-1914 e 1915-1917 (Maugini, 1988).
A Roma il Pirotta aveva contatti con quel gruppo di protezionisti che confluivano nel Comitato nazionale per la protezione dei monumenti naturali (di cui è stato anche Presidente) e nella Federazione italiana Pro Montibus (di cui fece parte del Consiglio). In un primo momento, negli anni 1913-1914, iI Pirotta, che soleva trascorrere il periodo estivo a Gioia Vecchia nell’alta Valle del Sangro, al confine con la Marsica, avendo sentito che la famiglia reale aveva rinunciato ai diritti di caccia all’orso e al camoscio nella riserva dell’alto Sangro, pensò all’idea di un parco nazionale per la tutela della fauna e del paesaggio. L’idea venne subito appoggiata dalla Lega nazionale per la protezione dei monumenti naturali e dalla Società Botanica Italiana, e vi aderirono diversi naturalisti, uomini di cultura e professori come Adriano Fiori (Università di Firenze), Pasquale Baccarini (nuovo Presidente della Società Botanica Italiana, da poco subentrato al Pirotta), Luigi Parpagliolo (Vice-Direttore generale del Ministero della Pubblica Istruzione), Roberto Almagià (Università di Roma), Lino Vaccari (Direttore del Giardino alpino della Chanousia in Val d’Aosta), Erminio Sipari, ed inoltre Flavio Santi, Ercole Sarti, Renato Pampanini (segretario della Società Botanica Italiana), Oreste Mattirolo (Università di Torino), Giuseppe Altobello, Gustavo Giovannoni, Giovan Battista Miliani e – non ultimo – Benedetto Croce.
Nonostante la grave situazione nella quale si trovava l’Italia a causa della prima guerra mondiale, nel 1917 il Prof. Pirotta ha pubblicato un opuscolo avente per titolo II Parco Nazionale d’Abruzzo, edito a Roma dalla Federazione Italiana delle associazioni “Pro Montibus”. Nel 1988 è stata eseguita una ristampa anastatica dell’opuscolo del Pirotta, in occasione del centenario della Società Botanica Italiana (contenuta in Pedrotti F., 1988), e nello stesso anno, per iniziativa di Franco Tassi, venne collocata una lapide a memoria del Pirotta sul muro esterno del Museo del Parco a Pescasseroli.
L’opuscolo del Pirotta venne presentato dal Prof. Pasquale Baccarini, Presidente della Società Botanica Italiana, all’adunanza del 12 aprile 1918; la sua proposta venne favorevolmente accolta e venne approvato all’unanimità un voto con il quale si chiede ai Ministeri dell’Agricoltura e della Pubblica Istruzione di volere istituire con apposita legge un parco nazionale sui Monti dell’Abruzzo, che sia il monumento naturale nel quale si accentrino gli elementi della flora e della fauna italiana che altrimenti sarebbero perpetuamente minacciati di distruzione ed in cui tutti gli amanti della natura abbiano a ritrovare tutto quanto possa soddisfare i loro desideri artistici e scientifici.
Nella prima parte del suo contributo, Pirotta mette in evidenza alcuni aspetti della distruzione dell’ambiente naturale avvenuti nei secoli scorsi, fra cui il disboscamento “anche dove non era necessario”; in molte località soltanto i toponimi derivati da nomi di piante (o fitonimi) testimoniano dell’esistenza, in passato, di specie arboree oggi non più presenti. Egli parla, quindi, della distruzione della flora, distinguendo “piante da essenza e da liquori”, “piante medicinali” e “da ornamento” e infine “piante da collezione”; si tratta delle stesse categorie oggi ammesse e recepite nelle leggi regionali per la protezione della flora.
A conclusione di questa prima parte, Pirotta prospetta la possibilità di istituire due tipi di aree protette: a) “stazioni o piccole riserve”, per conservare e preservare località speciali anche ristrettissime o singoli documenti o fenomeni; b) “parchi nazionali o grandi riserve”, per conservare e preservare interesse e anche estese zone di territorio nazionale, con tutti i suoi peculiari caratteri naturali, il paesaggio, la flora, la fauna, la gea.
La seconda parte consta nella descrizione dell’ambiente, compresa la flora e la fauna, da destinare al nuovo parco. Il territorio proposto è molto vasto, come si può notare nella cartina di Pirotta, e anche oggi è difficile pensare che si potesse includere tutto quanto nel parco, che infatti venne poi istituito in un’area più ridotta. È invece facile constatare che l’area del Pirotta corrisponde, oltre che al parco vero e proprio, alla zona di protezione esterna, o area contigua come è chiamata oggi, arrivando fino a Roccaraso e Castel di Sangro.
Nella terza parte, infine, il Pirotta accenna alle caratteristiche che dovrebbe avere il parco, cioè quelle di una grande “riserva biologica” per la protezione della natura
Tralasciando i successivi passaggi, per i quali si rimanda alle molte pubblicazioni esistenti (Piccioni, 1997; Arnone Sipari, 2012; Pedrotti F., 2012, ecc.), il parco venne poi istituito per iniziativa di Erminio Sipari in forma privata il 25 novembre 1921 e in forma ufficiale, con il Regio Decreto, l’11 gennaio 1923
Nella seduta del 23 giugno 1923 della Commissione amministratrice del parco, il Presidente Sipari coglie l’occasione per ricordare i grandi meriti del Prof. Pirotta nei riguardi del Parco Nazionale d’Abruzzo, del quale fu l’ideatore ed il più autorevole propulsore e consegna a Pirotta, quale segno tangibile della propria riconoscenza, una medaglia d’oro. Ecco la risposta del Pirotta: lo sono vivamente commosso, e non credevo che quel poco che ho creduto di fare per il parco in tempo così lungo meritasse tutto questo plauso. Gradisco molto le parole che il Presidente ha voluto dirmi in questa occasione e per verità debbo dire che se per quello che io ho cercato di fare egli non fosse intervenuto, è certissimo che il parco non si sarebbe costituito. È al Presidente e all’energia di altri presenti e assenti che si deve questo risultato, che io ritengo ottimo e che darà buonissimi effetti per l’avvenire. Lo ripeto: ho fatto quello che ho creduto di fare senza nessun altro pensiero che quello di far vedere come anche in Italia fosse necessario fare come altrove: che l’Italia, che è maestra di tutti, e che invece arriva ultima nell’istituzione dei parchi, almeno vi si decidesse. Se oggi abbiamo la fortuna di avere una legge in proposito, lo dobbiamo all’opera attiva e tenace del Presidente. Egli si è impossessato dell’idea, che ha riconosciuto buona, e con la sua attività ha saputo tradurla in realtà. Io sono gratissimo ai colleghi che hanno voluto con questa attestazione, che mi onora, ritenere che a me si debba specialmente il merito di avere ottenuto il parco e, mentre esprimo la mia gratitudine a tutti quelli che hanno voluto concorrere a questo magnifico ricordo, che dire che non si sarebbe riuscito ad ottenere tutto senza l’opera di altri colleghi e specialmente del Presidente. Io ignoravo quanto era stato oggi da voi preparato, ed assicuro che questo è uno dei migliori giorni della mia vita.
Questo interloquire fra Sipari e Pirotta è uno scambio di riconoscimenti, di meriti e di ringraziamenti per le iniziative intraprese e i risultati ottenuti.
Istituito il parco, Pirotta venne chiamato a far parte della Commissione amministratrice, ma qualche anno dopo successe un fatto abbastanza preoccupante in seno alla Commissione stessa. Infatti nella riunione del 23 luglio 1925 la Commissione si trovò a dovere esaminare una richiesta di taglio nei boschi della Val Fondillo. Il Prof. Pirotta considerò il taglio molto dannoso al mantenimento delle caratteristiche naturali della Val Fondillo, una delle più importanti di tutto il parco, e quando nella Commissione venne portata in discussione l’approvazione dei tagli, egli dette subito le dimissioni da componente della Commissione stessa. Il 2 agosto successivo l’Ing. Erminio Sipari, Presidente della Commissione, scrisse al Ministero dell’Economia Nazionale esponendo il “caso” che si era creato con una lunga e circostanziata lettera (Archivio del Parco Nazionale d’Abruzzo) ora pubblicata in Pedrotti F. (1988).
Pirotta non ritirò le dimissioni e cosi al suo posto venne nominato un altro botanico, Loreto Grande di Villavallelonga, in quegli anni in servizio all’Orto Botanico di Napoli (Pedrotti F., 1984). Il Grande, fra l’altro, qualche anno dopo fu protagonista di un episodio quasi analogo, perché si trovò a protestare vigorosamente in seno al Consiglio Comunale del suo paese, contro il taglio dei boschi in Valle Cervara.
Di fatto la storia ha poi finito con il dare ragione alle tesi del Pirotta, quando si pensi che entro il territorio del parco sono state istituite diverse riserve integrali (che negli anni ’20 venivano chiamate i “sacrari”) e varie aree boschive all’interno del parco sono state prese in affitto dal parco dai comuni proprietari, per iniziativa di Franco Tassi, e ora sono gestiti direttamente dall’Ente autonomo. Il gesto delle dimissioni del Pirotta è la dimostrazione di una determinazione sorprendente che ben raramente ha trovato riscontro negli anni seguenti da parte di altri naturalisti, quasi tutti propensi a rispondere sempre affermativamente.
Nonostante l’episodio delle dimissioni, nel 1933 il Prof. Pirotta ha accettato di scrivere un contributo sulla flora del parco da inserire in una guida promossa dalla sezione di Roma del C.A.I. Egli scrive ora a cose fatte (il parco esiste ormai da 13 anni) e non può trattenersi dal descrivere ancora una volta ambienti e paesaggi, monti e valli, con un’ammirazione rinnovata e sempre crescente, con uno stupore ed un entusiasmo quasi superiore a quello degli anni delle prime proposte e delle battaglie per ottenere il parco. Indubbiamente, anche nello scritto del 1933, il riferimento prevalente è quello di tipo estetico, tuttavia verso la chiusura del suo contributo si possono leggere alcune frasi chiare e illuminanti, validissime ancora oggi, con un riferimento preciso alla salvaguardia della montagna e del suo ambiente: “… non grandi alberghi, non grandi campi da tennis, non profanatori dei monti attendono e le foreste e le montagne …”.
Credo che in queste poche parole stia tutto il senso della battaglia protezionistica che si è sviluppata qualche decennio più tardi nel Parco Nazionale d’Abruzzo e negli altri parchi nazionali italiani. Indubbiamente, da allora ad oggi c’è stata un’evoluzione nella conoscenza e definizione dei motivi avvaloranti l’istituzione dei parchi nazionali, che ieri potevano forse sembrare più estetizzanti mentre oggi sappiamo che sono più generali, anche ecologici e sociologici, ma nella sostanza ben poco cambia di fronte all’intuizione del Pirotta e alla estrema necessità di conservare qualche lembo del territorio con le sue caratteristiche naturali intatte, da mantenere a disposizione dell’umanità intera.
Nell’Orto Botanico dell’università di Roma, poco oltre l’entrata, si trova un busto in bronzo alla memoria di Pietro Romualdo Pirotta.
Franco Pedrotti