Il grande palazzo della famiglia Sipari sorge al margine del centro di Pescasseroli con la sua forma massiccia e imponente. Il palazzo era abitato dalla famiglia soltanto nei mesi estivi, mentre nella stagione fredda si trasferiva nel palazzo di Alvito, nel Lazio, che si può comodamente raggiungere attraverso il Passo di Forca d’Acero. Si hanno notizie dei Sipari a Pescasseroli a partire dalla seconda metà del 1600, come risulta dall’albero genealogico ricostruito da Piccioni (1997); fra i personaggi che più ci interessano, vanno ricordati l’Avvocato e poeta Francesco Saverio Sipari (1828 – 1874) e Carmelo Sipari (1832 – 1905), rispettivamente zio e padre di Erminio Sipari (Alvito 1879 – Roma 1968), che sta al centro nel nostro discorso. I due Sipari padre e zio con atto notarile del 21 giugno 1872 cedevano al Re Vittorio Emanuele II, che aveva espresso il desiderio di andare a caccia dell’orso, la riserva di caccia su tre montagne di proprietà Sipari, ma il Re non riuscì ad andare in Abruzzo. Nell’autunno 1899 il principe ereditario Vittorio Emanuele accettò l’invito e fu a Pescasseroli nel palazzo Sipari per la caccia dell’orso e del camoscio.
Erminio era nato nel palazzo di Alvito, dove è ricordato con una grande targa sulla facciata del palazzo, mentre nel palazzo di Pescasseroli è nato Benedetto Croce, da Luisa Sipari e Pasquale Croce di Montenerodomo, la cui famiglia si era però trasferita a Napoli. Dunque Benedetto Croce ed Erminio Sipari erano cugini. La famiglia Sipari era una delle grandi famiglie armentarie della valle del Sangro e possedeva vasti territori di pascoli e masserie nel Tavoliere di Foggia, ove le greggi si recavano nei mesi invernali.
Erminio si distingue subito rispetto alla tradizione di famiglia, perché non sceglie Napoli per i suoi studi universitari, ma va al nord. Infatti si laurea in ingegneria dapprima all’Università di Torino e l’anno dopo a quella di Liegi in Belgio; al rientro in patria esercita per un periodo la libera professione. Nel 1913 viene eletto deputato al parlamento per il collegio di Pescina e rimane alla Camera fino al 1929, quando il suo nome non venne compreso nella lista dei candidati per ragioni politiche, non essendo iscritto al partito fascista. Esistono due opere fondamentali, alle quali si rimanda, che esaminano con dettaglio la vita e l’attività di Erminio Sipari: quella di Luigi Piccioni Erminio Sipari. Origini sociali e opere dell’artefice del Parco Nazionale d’Abruzzo e quella di Lorenzo Arnone Sipari, nipote di Erminio, Scritti scelti di Erminio Sipari sul Parco Nazionale d’Abruzzo – 1922-1933 (Piccioni, 1997; Arnone Sipari, 2011).
Erminio Sipari era molto coinvolto nei problemi della Marsica e della Valle del Sangro, sia come ingegnere che deputato. Facile è stato, quindi, il suo passaggio ai problemi di carattere protezionistico, come emerge chiaramente – peraltro – anche dai suoi scritti sulla proposta per l’istituzione del parco e sulla fauna della zona, in particolare orso bruno e camoscio, ma anche lince. L’occasione concreta si è presentata dopo il 1912, quando la famiglia reale ha rinunciato ai diritti di caccia nella riserva dell’alto Sangro. Furono Pirotta e Ghigi a suggerire l’idea del parco. Come scrive Sipari (1924), gli studi ufficiali per l’istituzione del parco furono affidati al comm. Avv. Ercole Sarti, capo della sezione caccia presso il Ministero dell’Agricoltura, e al comm. Luigi Parpagliolo, del Ministero della Pubblica Istruzione; questi chiamarono a collaborare anche il Prof. Pirotta, quale autorevole guida e consigliere (1913-1914). Fu così redatto uno schema di legge che il Sarti sottopose a Sipari, che si affrettò a portare in discussione, senza ottenere un risultato positivo.
È interessante, a questo punto, esaminare brevemente a che tipo di parco pensava Erminio Sipari. A tale scopo riporto la definizione che Sipari riporta nel suo contributo del 1922 e che compare con lo stesso senso in altri scritti posteriori: Un parco nazionale è un tratto esteso di territorio nazionale sul quale si trovino fenomeni naturali di particolare bellezza e di speciale interesse scientifico da proteggere e da conservare. È un campo di studi e di osservazioni; è un luogo di educazione nazionale intesa a suscitare il rispetto per le bellezze, per la grandezza e per l’importanza delle opere della natura, che sono puro patrimonio artistico e scientifico delle nazioni. Nel 1924 riprende la precedente definizione, aggiungendo un’importante considerazione: Un parco nazionale è un luogo protetto dallo Stato, ricco di bellezze e di cose interessanti, e che perciò merita di essere tutelato e migliorato a beneficio di tutta la nazione. Subito dopo egli precisa che il parco deve svolgere anche una funzione turistica facilitando l’accesso ai visitatori, in modo che le rarità zoologiche diventino una delle tante attrattive che i turisti trovano nel parco. Erminio Sipari, una volta istituito il parco, si è battuto per sviluppare i due intendimenti enunciati: sia la salvaguardia dell’ambiente che lo sviluppo turistico nelle zone adatte, con la costruzione di alberghi nei paesi.
Ritornando alla fondazione del parco, perduravano sempre le difficoltà in sede politica e in parte anche locale. Allora Sipari maturò l’idea di prendere in affitto una zona adatta, e precisamente la parte alta della Val Fondillo in comune di Opi, per un’estensione di 100 ettari circa. Il Comune di Opi con delibera del 2 ottobre 1921 ha ceduto in affitto per la durata di 10 anni la zona individuata alla Pro Montibus, che era stata sensibilizzata dallo stesso Sipari. Chiunque altro si sarebbe scoraggiato, scrive Sipari (1924); noi invece, raggruppati attorno alla Federazione Pro Montibus, prendemmo impegno di far trionfare ad ogni costo la nostra idea. Era ormai evidente che, contro l’apatia ministeriale, non rimaneva che ricorrere all’iniziativa privata, e a tal fine la Federazione Pro Montibus il 25 novembre 1921 indisse una riunione fra rappresentanti di pubbliche amministrazioni e di private istituzioni; in detta riunione venne costituito l’Ente Autonomo del Parco Nazionale d’Abruzzo. Il Parco Nazionale d’Abruzzo è stato dunque il primo parco nazionale istituito in Italia, benché in forma privata; il Gran Paradiso venne istituito dal governo l’anno dopo, nel 1922. Ormai il problema era decisamente impostato e infatti il Parco Nazionale d’Abruzzo venne istituito dal governo pochi mesi dopo con il regio decreto legge 11 gennaio 1923. La conclusione dell’On. Sipari è semplice e chiara: Il parco esisteva come materia prima, in quanto è la natura che Io ha formato (Sipari, 1924). Mancava soltanto la legge per codificare le regole da applicare ottenuta con i decreti istitutivi da parte del governo!
Erminio Sipari intraprese subito molte attività per il parco, che non è qui possibile esaminare in dettaglio, illustrate in due volumi editi pochi anni dopo l’istituzione del parco: Il manuale del Parco Nazionale d’Abruzzo del 1925 e la Relazione alla Commissione Amministratrice dell’Ente del 1926, che è una vera miniera di notizie, idee e propositi; di essa sono state edite tre ristampe anastatiche a cura di Fulco Pratesi e Franco Tassi, 1997-1998.
Il Parco Nazionale d’Abruzzo quasi subito incontrò grandi difficoltà, quando è stata richiesta la costruzione di due grandi bacini a scopo idroelettrico nell’alta valle del Sangro, i bacini di Barrea e di Opi. A tale progetto si oppose con decisione Erminio Sipari, che si era basato anche sul parere di molti esperti tra cui il geologo Michele Gortani. Alla fine venne costruito soltanto il bacino di Barrea e la piana di Opi, di grandissima rilevanza paesaggistica e botanica (Pedrotti et al., 1992), è stata risparmiata. Dopo la conclusione parzialmente favorevole della vicenda, Sipari (1928) pubblicò l’articolo Il Parco Nazionale d’Abruzzo liberato dall’allagamento, nel quale ribadisce i danni che sarebbero stati provocati all’ambiente: la deturpazione del paesaggio sarebbe stata sicura, completa, gravissima e irreparabile. E continua con una serie di considerazioni che si potrebbero applicare tali e quali a molti fatti che succedono oggi: La legge per il Parco Nazionale d’Abruzzo vieta esplicitamente la manomissione e l’alterazione delle bellezze naturali. Ora tale divieto, come ogni norma di diritto pubblico, non riguarda e non vincola soltanto i cittadini, ma anche le autorità, le quali non possono compiere né autorizzare le alterazioni vietate, senza mettersi in aperto contrasto con la legge e senza violarla. AI governo ed all’amministrazione non poteva, dunque, esser dato di accogliere la domanda di concessione e di usare del potere di espropriazione per alterare uno stato di cose, la cui conservazione è stata per legge recentemente dichiarata di così alta utilità pubblica da determinare speciali norme limitatrici e da costituire un apposito ente per impedirne l’alterazione e per svolgere iniziative e forme di attività che sarebbero state ostacolate ed impedite dai mutamenti proposti. Non era razionalmente ammissibile che lo Stato rinnegasse e disfacesse quel che a così breve distanza di tempo aveva solennemente dichiarato che fosse di grande utilità pubblica mantenere e svolgere. A breve commento delle considerazioni di Sipari, oggi si può costatare che sono decine e decine i casi di aree protette per le quali vengono poi approvate “deroghe” per la costruzione in esse di strutture e infrastrutture deleterie per l’ambiente; si potrebbe citare e discutere caso per caso. Sipari e il parco, comunque, hanno sempre avuto dalla loro come alleati naturalisti e protezionisti; fra i tanti cito l’articolo di Orano (1926) Una vittoriosa difesa del nostro paesaggio. Su questo articolo, fra l’altro, c’è una fotografia di Erminio Sipari fra la testa di un camoscio e di un orso, con la seguente didascalia: Erminio sipari fra i suoi protetti.
Nonostante l’estromissione subita, nel 1933 Erminio Sipari partecipa con un capitolo introduttivo alla Guida del parco promossa dalla Sezione del C.A.I. di Roma (Sipari, 1933), nella quale elenca l’attività svolta e può constatare che gli orsi hanno di nuovo saturata la zona (200 individui) e sconfinano dal parco.
Dopo tanto entusiasmo e impegno, il primo periodo di vita del Parco Nazionale d’Abruzzo si concluse negativamente nel 1933, quando l’amministrazione del parco venne passata alla Milizia Nazionale Forestale ed Erminio Sipari rimosso dalla presidenza. A guerra finita, Sipari non venne più riammesso al parco dalla nuova classe politica italiana. Egli è stato il primo di un gruppo di presidenti e direttori di parchi che – al momento opportuno – vengono allontanati dalle loro cariche perché molto impegnati per la causa dei parchi e quindi non graditi. Essi sono stati i seguenti: in Abruzzo Erminio Sipari, Francesco Saltarelli e Franco Tassi; al Gran Paradiso Ugo Bayer e Renzo Videsott; allo Stelvio Walter Frigo. Un metodo disumano e sbrigativo, ma efficace e concreto per i nemici dei parchi!
Nel dopoguerra Sipari aveva tentato di farsi reintegrare alla presidenza del parco con un’istanza rivolta in data 3 settembre 1951 al Ministro e al Direttore generale delle Foreste [Sipari E., In difesa del Parco Nazionale d’Abruzzo e della mia opera per esso, dattiloscritto del 3 settembre 1951 citato da Piccioni, 1997], ma la sua richiesta non venne accolta.
Il nome di Erminio Sipari compare, invece, neI 1946 fra i componenti della Commissione di studio per la sistemazione dei parchi nazionali in Italia, della quale Renzo Videsott aveva richiesto l’istituzione al C.N.R. (Videsott, 1946).
Franco Pedrotti